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A photographic and textual documentation of David Chipperfield's long-awaited restoration of St Mark's SquareThis volume follows the long-anticipated restoration work on the Procuratie Vecchie in St Mark's Square in Venice, as overseen by David Chipperfield Architects. Thousands of people walk past the landmark each year, oblivious to what resides within. In April 2022, the building opened for the first time in 500 years, housing humanitarian organizations such as the Human Safety Net foundation. St Mark's Square is often regarded as Venice's central community complex; Venice, in turn, is often regarded across the globe as an architectural mecca. Accordingly, the major restoration has drawn a number of critical reflections by both Italian and international thinkers. Venice Lab gathers these essays from scholars and artists, as well as interviews with the architects involved in the restoration, conveying the project's pluralistic vision for the lagoon city.
Il volume, disegnato da Irma Boom e ideato insieme allo stesso Steve McQueen, a cura di Vicente Todolí, raccoglie alcune delle opere più rappresentative realizzate negli ultimi vent'anni dall'artista e regista britannico. Negli ultimi anni l'artista ha infatti esercitato una grande influenza sull'utilizzo della cinematografia come medium artistico, realizzando alcune tra le più significative opere con immagini in movimento ideate per spazi espositivi e ha diretto quattro lungometraggi: Hunger (2008), Shame (2010), 12 anni schiavo (2013) e Widows - Eredità criminale (2018). In Pirelli HangarBicocca, negli spazi delle Navate e del Cubo, sono presentati video, film e installazioni in stretta connessione con il contesto architettonico industriale, oltre a un progetto espositivo unico e site-specific, con opere riunite qui per la prima volta che danno vita a una narrazione visiva, rivelando il radicale approccio dell'artista alla realtà e offrendo l'opportunità di conferire nuove letture al lavoro di McQueen. Il titolo dell'esposizione prende spunto proprio dall'omonima installazione video inedita dell'artista, Sunshine State (2022), commissionata e prodotta dall'International Film Festival Rotterdam (IFFR) 2022 e presentata qui in anteprima assoluta. Come osserva Vicente Todolí, «¿Sunshine State¿ approfondisce ulteriormente i temi ricorrenti nella pratica di McQueen, esplorando questioni attuali e urgenti come l'identità e il post-colonialismo, mettendo in discussione l'instabilità e la fragilità dell'idea di libertà individuale nel mondo occidentale. Partendo dall'esperienza e dall'oppressione delle comunità nere discriminate, McQueen sviluppa una riflessione più ampia sull'essere umano. Nei suoi film sperimentali e video, l'artista proietta poeticamente la propria presenza sui soggetti raffigurati, sottolineando lo stretto legame tra essenza corporea e soggettività, tra la realtà e la sua rappresentazione». Il volume dà ampio spazio a testi critici di storici dell'arte e curatori ¿ Paul Gilroy, Cora Gilroy-Ware, Solveig Nelson ¿, a una conversazione con l'artista a cura di Hamza Walker e a una ricca documentazione fotografica dell'esposizione.
Alquanto sfuggente nel rilasciare interviste, Maurizio Cattelan riveste perfettamente il ruolo di intervistatore. Per vent¿anni, dal 2001, ha tenuto costantemente conversazioni e dialoghi con altri artisti ¿ a volte direttamente, talvolta per interposta persona, o qualche volta in spirito ¿ per la prima volta. La lista degli interlocutori costituisce uno sbalorditivo coro di voci, oltre che un album di famiglia sui generis, spaziando da artisti emergenti ad altri affermati ¿ alcuni dei quali scomparsi ¿ e include figure di creativi quali architetti, designer, chef, pensatori, scrittori, editori, truccatori, celebrità di Instagram e personaggi del mondo della moda e dello spettacolo. Originariamente pubblicate su riviste e quotidiani, in monografie di artisti e cataloghi di mostre, queste oltre 130 conversazioni sono qui ristampate in copia anastatica, nella loro veste originale. Come le tessere di un mosaico, le interviste concorrono a creare un ritratto unico e inedito della cultura visiva degli ultimi decenni, così come della pratica di Maurizio Cattelan e della sua ricerca sull¿identità, la società in cui viviamo e il potere delle immagini.
The Challenges of a Project for the Future. A laypersons guide to one of the greatest engineering projects of our time
A century of innovation from "the Bible of fashion and of high society," featuring magazine covers, illustrations, ephemera and moreFounded in 1921, the iconic French fashion magazine L'Officiel was designed for fashion designers, buyers, clothing manufacturers and agents. Within a short time, it helped start the careers of designers such as Pierre Balmain, Cristóbal Balenciaga, Christian Dior and Yves St. Laurent. On the occasion of L'Officiel's 100th anniversary, this superbly designed volume appraises the magazine's august history and the culture around it. With 1,000 illustrations, carefully selected from the magazine's invaluable archives, it offers an overview of the fashion industry and its history from Paul Poiret to Christian Dior, supermodels and "It Girls," also exploring Paris as a fashion capital. Among the themes explored by the authors are newness, globalism, artistry and "Frenchness." Through magazine covers, illustrations, design, photographs, advertising campaigns, iconic accessories, portraits and artworks, the reader will rediscover old celebrities and encounter a veritable tapestry of connections between eras.
"Per me, una natura morta, un filo d'erba bagnato di rugiada o con una goccia di pioggia o il torrente di lava dell'Etna o le sparatorie nelle vie di Budapest in rivolta, sono sullo stesso piano. La differenza potrebbe essere nel pericolo che si corre per fermare un'immagine di una rivoluzione in corso, ma la passione e l'intensità con cui si manovra l'obiettivo, con cui si guarda ciò che si fotografa, è sempre la stessa". (Mario De Biasi)
Vele rosse: come battiti d¿ali nel cuore della laguna. Viste dall¿alto sembrano farfalle monocrome che surfano sull¿acqua, alla ricerca del vento più propizio. Viste dalle rive della città sembrano una sfilata di bandiere in un¿infinità di sfumature di rosso. Uno spettacolo sorprendente e altamente suggestivo che, se da un lato vuole celebrare l¿antichissima e vitale tradizione marittima veneziana, dall¿altro intende porre l¿attenzione sui rischi che sta correndo Venezia. Nulla, in "Red Regatta", è stato lasciato al caso: tutte le vele sono state realizzate su misura per ciascuna imbarcazione, ogni sfumatura di colore è stata predisposta da Melissa McGill che ha poi dipinto a mano i tessuti, aiutata dagli studenti dello Iuav. Infine ciascuna barca, dal fondo piatto e con albero rimovibile, è un modello tradizionale equipaggiato rigorosamente con vele ¿al terzö (così chiamate perché l¿antenna superiore che sostiene la vela è fissata all¿albero a un terzo circa della sua lunghezza). Le imbarcazioni sono tutte di proprietà privata e fanno parte dell¿Associazione Vela al Terzo. Il volume, progettato dalla grafica Beatriz Cifuentes dello studio newyorkese Waterhouse Cifuentes, raccoglie il saggio di Chiara Spangaro dedicato all¿attività dell¿artista e quello del giornalista veneziano Silvio Testa, che svela i segreti e la storia della tradizione della vela al terzo. Inoltre la voce narrante dell¿artista e le testimonianze degli armatori delle barche partecipanti raccontano la genesi, le emozioni e il dietro le quinte di questa incredibile opera corale.
JR, artista contemporaneo tra i più celebri al mondo, è chiamato a reinterpretare la facciata di un simbolo del Rinascimento a Firenze, Palazzo Strozzi, con una nuova opera site specific intitolata The Wound/La Ferita, che propone una riflessione sull'accessibilità ai luoghi della cultura nell'epoca del Covid-19. La monumentale installazione di JR rappresenta uno squarcio sulla facciata di Palazzo Strozzi, che si apre alla visione di un interno reale e immaginato allo stesso tempo, una diretta e suggestiva riflessione sull'accessibilità a tutti i luoghi della cultura durante la pandemia. Palazzo Strozzi diviene così il palcoscenico spettacolare per una ferita, simbolica e dolorosa, che accumuna tutte le istituzioni culturali italiane e del mondo intero: musei, biblioteche, cinema e teatri, costretti a limitare o a proibire l'accesso al pubblico. Il volume raccoglie un dialogo inedito tra l'artista e il curatore Arturo Galansino che racconta la genesi di quest'opera così originale e significativa, e la inquadra all'interno del modus artistico di JR, che unisce fotografia e street art creando monumentali interventi di arte pubblica nelle città di tutto il mondo, dalle favelas di Rio de Janeiro alla grande piazza della Piramide del Louvre, da Ellis Island a New York alla prigione di massima sicurezza di Tehachapi in California. A Palazzo Strozzi l'intervento di JR si caratterizza per un'ulteriore sperimentale contaminazione con la storia dell'arte, con riferimenti che spaziano dal Rinascimento all'epoca moderna.
Anna Coliva e Mario Codognato, curatori della mostra e autori, tra gli altri, dei saggi in catalogo, esponendo Damien Hirst nella Galleria Borghese, hanno compiuto un¿operazione culturale straordinaria. L¿artista inglese, assoluta e controversa celebrità del mondo artistico contemporaneo, non ha realizzato un progetto site-specific per il museo, eppure le sculture prodotte nel corso degli anni e la nuova serie dei dipinti Color Space sembrano assolutamente e indubitabilmente concepiti per legarsi alle opere, ai colori, alla materia antica e moderna che la Galleria Borghese conserva, e di cui è integralmente tessuta.
«Come le vecchie botteghe rinascimentali e barocche, Casa Balla divenne anche quel luogo nevralgico ¿ senza il quale non esisterebbero musei e gallerie e libri ¿ nel quale i segreti del mestiere si tramandano e l'esperienza diventa parte del futuro. L'appartamento di via Oslavia non è più né un documento né un monumento, ma l'immagine evidente e tridimensionale della mente che l'ha abitata e nello stesso tempo immaginata. [...] La sua durata non ha nulla di museale. È una rovina viva, ovvero una di quelle rarissime rovine che sembrano arrivare a noi dal futuro: come se avesse sbagliato strada e fatto il giro più lungo». (Emanuele Trevi). Questo volume racconta l'allestimento a cura del MAXXI della casa di Giacomo Balla a Roma e gli interventi al museo di otto autori contemporanei in dialogo con l'eredità del Maestro futurista.
"Breath ghosts blind" accompagna l'omonima personale di Maurizio Cattelan a Pirelli HangarBicocca, un ambizioso progetto sviluppato dall'artista e prima mostra in Italia dopo molti anni. Nel mettere in scena una complessa rappresentazione simbolica del ciclo della vita e affrontando temi come la memoria e il senso di perdita individuale e collettiva, il progetto include opere e immagini iconiche del percorso di Cattelan, insieme a un nuovo corpo di lavori realizzati appositamente. «Nel caso di Pirelli HangarBicocca, l'architettura industriale mi ha ricordato - scrive Maurizio Cattelan - un'enorme cattedrale abitata dai fantasmi del suo passato di fabbrica. Lì l'intruso ero io e a quel punto potevo solo usare a mio vantaggio il senso di minaccia che provavo: sono partito dalla fine con Blind e il resto delle opere si è mimetizzato nello spazio, come se i lavori fossero sempre stati lì». La monografia approfondisce e offre una lettura inedita del lavoro dell'artista, presentato attraverso contributi critici di autori e voci di rilievo internazionale che da anni seguono il lavoro di Cattelan, come Francesco Bonami e Nancy Spector, insieme a ulteriori approfondimenti tematici di filosofi, teologi e scrittori quali Arnon Grunberg, Andrea Pinotti e monsignor Timothy Verdon. Completano il volume le immagini che documentano il progetto di mostra e una conversazione dell'artista con i curatori, oltre a una selezione di testi ripubblicati e tradotti per l'occasione della filosofa e scrittrice Susan Sontag (1933-2004), dell'intellettuale e traduttrice Giustina Renier Michiel (1755-1832) e del poeta e scrittore curdo-siriano Golan Haji.
"American Art 1961-2001" indaga in modo inedito la storia dell'arte moderna negli Stati Uniti tra due momenti decisivi della storia americana, la guerra del Vietnam e l'attacco terroristico alle Torri Gemelle, attraverso una straordinaria selezione di opere di celebri artisti come Jasper Johns, Donald Judd, Barbara Kruger, Robert Mapplethorpe, Bruce Nauman, Cindy Sherman, Robert Rauschenberg, Kara Walker e Andy Warhol. Il volume mette a confronto la ricchezza e la diversità di temi e correnti dell'arte americana in quarant'anni di storia, dall'astrazione modernista alle contaminazioni con la produzione di massa, dalle ricerche concettuali e performative alle rivendicazioni per i diritti civili, attraverso una straordinaria selezione di oltre ottanta opere tra pittura, fotografia, video, scultura e installazioni della collezione del Walker Art Center di Minneapolis, uno dei più importanti musei di arte contemporanea del mondo. Investigando la nozione stessa di opera d'arte viene analizzato il suo rapporto con le trasformazioni della società contemporanea. Le diverse generazioni di artisti americani sperimentano linguaggi che aprono infatti alla ridefinizione dei confini dell'arte, unendo tecniche e media diversi, e usano il potere dell'arte anche come strumento per affrontare temi quali il consumismo e la produzione di massa, il femminismo e l'identità di genere, le questioni razziali e la lotta per i diritti civili.
Bruce Nauman (Indiana - USA, 1941) è una delle figure più significative del panorama dell'arte contemporanea con una costante attività di ricerca tuttora prolifica e multiforme. A partire dagli anni sessanta fino a oggi, Nauman ha esplorato linguaggi artistici diversi, dalla fotografia alla performance, dalla scultura al video, sperimentandone le potenzialità concettuali e indagando la definizione stessa di pratica artistica. Vincitore del Leone d'oro alla Biennale di Venezia nel 2009, Nauman presenta in questa occasione la sua produzione più recente e in particolare la serie di opere video che l'artista ha realizzato negli ultimi cinque anni a partire dalla rivisitazione di uno dei suoi primi lavori, il celebre Walk with Contrapposto del 1968. Il catalogo, composto da due volumi e disegnato dallo studio grafico londinese Zak Group, si sviluppa in linea con il percorso espositivo affiancando alle opere della serie Contrapposto i lavori storici, e ripercorre le tappe della ricerca dell'artista sui temi del suono, della performance e dello spazio grazie ai testi di Carlos Basualdo, Erica Battle, Caroline Bourgeois, Jean-Pierre Criqui, Damon Krukowsi, Noé Soulier, Michael Taylor e a una imprescindibile conversazione tra Basualdo e lo stesso Nauman.
«Non c¿è nulla qui come Carpaccio!» È con queste parole che nel 1869 John Ruskin scriveva da Venezia a Edward Burne-Jones per descrivere l¿entusiasmante scoperta delle opere di Vittore Carpaccio. Oggi come allora, il lettore di questo itinerario potrà sorprendersi nello scoprire, o riscoprire, Carpaccio, la sua arte e la sua città. Nato e vissuto a Venezia, nel Cinquecento i dipinti di Carpaccio erano sparsi in tutta la laguna, dalle aree più periferiche fino al cuore della Repubblica. Fu proprio Venezia ¿ crocevia, tra Oriente e Occidente, di merci, popoli e culture ¿ a plasmare l¿immaginario artistico di Carpaccio facendone uno dei massimi pittori del Rinascimento italiano, l¿unico in grado di fondere in un¿unica visione Venezia e il mito di Venezia. Carpaccio a Venezia: itinerari offre una panoramica di tutte le sue opere conservate in città, qui discusse per la prima volta alla luce dei recenti interventi di restauro e degli studi più aggiornati sul pittore. Sia che il lettore voglia inoltrarsi tra le calli e i campi di Venezia, oppure che preferisca rimanere seduto sulla propria poltrona, il volume permette di scoprire le opere di Carpaccio nelle loro collocazioni originali, come la Scuola Dalmata dei Santi Giorgio e Trifone, e nei grandi musei veneziani, quali il Palazzo Ducale, il Museo Correr, le Gallerie dell¿Accademia e molti altri.
"Memos. A proposito della moda in questo millennio" vuole innescare una serie di riflessioni sulla moda contemporanea, sulle sue qualità e sui suoi attributi, attivandole a partire da quelle "Lezioni americane" che Italo Calvino avrebbe dovuto tenere nell'autunno del 1985 all'Università di Harvard, nell'ambito delle Charles Eliot Norton Poetry Lectures. Calvino morì improvvisamente nel settembre dello stesso anno, ma la moglie Esther decise di pubblicare le tracce scritte. Il titolo dato dallo scrittore era "Six memos for the next millennium". Così "Memos", parola incisiva e ampia, è titolo dell'esposizione. La rilettura di Calvino suscita oggi una domanda fondamentale: può la moda, in quanto industria culturale, sistema di comunicazione, territorio ricco, ibrido e problematico, essere considerata pratica produttivamente poetica, quindi naturalmente letteraria? "Memos" si propone così di costruire un «discorso sul metodo», ovvero una riflessione sulla curatela delle mostre di moda e sulla sua capacità di gestire i diversi prodotti della moda stessa: non solo gli oggetti, ma anche le immagini e le parole. Nel volume che accompagna la mostra al Museo Poldi Pezzoli di Milano Maria Luisa Frisa riflette sulla pratica del fashion curating e concepisce il progetto come un dialogo tra diverse sensibilità: con Judith Clark per l'exhibition making e con Stefano Tonchi per il progetto visuale, che raccoglie le immagini scattate da Coppi Barbieri. Teatro di questo esercizio è appunto il Poldi Pezzoli, la casa-museo nata nella seconda metà dell'Ottocento per ospitare la collezione del suo fondatore, Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Ma il museo è stato anche il luogo di una serie di mostre di moda ¿ Gabriele Monti indaga nel suo saggio in catalogo la fondamentale "1922-1943: Vent'anni di moda italiana", a cura di Grazietta Butazzi (1980) ¿ che hanno guardato precisamente alla moda come a un campo di indagine storica, critica e curatoriale.
Il successo e il riconoscimento dell'opera di Lartigue (Courbevoie, 13 giugno 1894 ¿ Nizza, 12 settembre 1986) sono arrivati molto tardi, quando l'artista aveva quasi 70 anni. Era il 1963, e il Museum of Modern Art di New York ospitò una mostra con le immagini che il fotografo aveva scattato all'inizio della sua carriera, nei primi anni del Novecento, davanti alle quali non si poteva non riconoscere l'evidente vicinanza con l'opera del grande Henri Cartier-Bresson. «Mon universe c'est un immense parc», scriveva nel suo diario: nel periodo tra le due guerre, Lartigue ha raccontato la vita della borghesia, votata al lusso e alla felicità a tutti i costi. Il suo sguardo sofisticato, rivoluzionario ha catturato le vacanze lungo la costa del sud della Francia, le auto eleganti e il loro spirito decadente. Dettagli apparentemente ordinari, che nascondono invece attimi privati che Lartigue svela al pubblico attraverso la sua macchina fotografica. Il volume include un saggio introduttivo di Denis Curti, una personale testimonianza del fotografo Ferdinando Scianna e un testo di Marion Perceval che analizza la storia della scoperta dell'enfant prodige. Brevi testi introduttivi accompagnano le sezioni che presentano un racconto cronologico attraverso magnifici scatti, alcuni dei quali inediti.
Arthur Duff (Wiesbaden, 1973) ha focalizzato da sempre il suo lavoro sulla creazione di complessi spazi dell'esperienza, sia fisici che visivi, che usano proiezioni laser o immagini pulsate (sia luminose che ottenute da ricami e modelli) che danno vita a configurazioni sempre sorprendenti persino nel nostro presente, così ampiamente costruito su parametri propri della realtà virtuale e digitale. Questo volume costituisce un tentativo di razionalizzare e presentare la continuità sfaccettata che è alla base della sua ricerca artistica nella determinazione di riconnettere tecnologia e fisicità, scienza e umanesimo, flusso di informazioni e connessioni interpretative. L'obiettivo è mostrare la continuità e la coerenza nelle diverse espressioni del lavoro artistico di Duff offrendone una visione unitaria che interpreta i suoi metodi di lavoro e le sue particolarità: dal disegno al ricamo, dalle composizioni annodate alle proiezioni laser, dalle sculture rock alle installazioni al neon.
Realizzate con la tecnica tradizionale egiziana largamente utilizzata per i ritratti fotografici di famiglia e per i manifesti dei film che popolavano le strade de Il Cairo, le fotografie successivamente dipinte a mano da Youssef Nabil restituiscono la suggestione di un Egitto leggendario tra simbolismo e astrazione. La ricerca dei reperti identitari, le preoccupazioni ideologiche, sociali e politiche del XXI secolo e la malinconia di un passato lontano sono i soggetti che Nabil predilige nella sua ricerca artistica. Il volume dà conto della carriera dell¿artista attraverso sezioni tematiche che riproducono i suoi primi lavori fino alle opere più recenti. Le fotografie sono accompagnate dai testi dei curatori e da saggi di André Aciman, scrittore statunitense di origine egiziana, autore del celebre romanzo Chiamami col tuo nome, e della studiosa di arte islamica del LACMA Museum di Los Angeles Linda Komaroff.
All¿inizio degli anni settanta del Novecento, su richiesta dei suoi amici di lunga data e collezionisti John e Dominique de Menil, Henri Cartier-Bresson passa in rassegna le migliaia di stampe del suo archivio con l¿idea di scegliere le opere più importanti e significative della sua carriera. Seleziona 385 fotografie che, tra il 1972 e il 1973, vengono stampate nel suo laboratorio parigino di fiducia, in formato 30×40 e in 5 esemplari ciascuna. Da allora, la cosiddetta Master collection non è mai stata pubblicato integralmente. In questa occasione straordinaria viene proposta nella sua integrità e nello stesso tempo il curatore Matthieu Humery ha riunito la fotografa Annie Leibovitz, il regista Wim Wenders, lo scrittore Javier Cercas, la conservatrice e direttrice del dipartimento di stampe e fotografi a della Bibliothèque nationale de France, Sylvie Aubenas, e il collezionista François Pinault, e li ha invitati a scegliere a loro volta una cinquantina di immagini ciascuno, condividendo la propria visione personale della fotografia e la propria interpretazione dell¿opera di questo grande maestro. Rinnovare e arricchire il nostro sguardo su Henri Cartier-Bresson attraverso quello di cinque personalità diverse ed eccezionali è la sfida del progetto espositivo Le Grand Jeu e di questo irripetibile catalogo che si compone di due parti: l¿una a illustrare la scelta personale di ciascuno dei curatori con un loro testo inedito; l¿altra che ripropone integralmente la Master collection, così come ideata da Cartier-Bresson.
Best known for painting and recipient of the Venice Biennale's Grand Prize in 1960, Vedova also designed costumes and moving light sets for the opera and made large-scale glass engravings and light collages. This collection documents a selection of his work from the 1950s to today.
Emblematic and recent projects by Italian architect Alfonso FemiaItalian architect Alfonso Femia (born 1966) is known for his experimental designs and "emotional architecture"--projects centered around interpersonal relationships and generosity. Written by historian and art critic Paul Ardenne and featuring photographs by Lub Boegly, this volume focuses on recent projects, including the Iguzzini showroom in Milan.
Toni Zuccheri (1936-2008) è stato un artista, architetto, designer, scultore e poeta del vetro e della natura. A circa dieci anni dalla scomparsa, questo volume presenta una raccolta esaustiva del suo percorso professionale, nei suoi complessi e fruttuosi incontri con note aziende e nella ricca produzione di pezzi unici su tema animale. Una biografia illustrata è intervallata da diverse voci multidisciplinari che raccontano la storia dell'artista da un punto di vista personale, e da approfondimenti sulle aziende con cui lo scultore ha collaborato nel corso della sua carriera. La sensibilità complessa del progettista appare nella produzione di prototipi e pezzi unici, nell'accostamento di schizzi e bozzetti inediti e disegni d'infanzia, nella presentazione di documenti d'archivio e scambi epistolari che presentano un artista versatile che, con un approccio empirico, ha scolpito le ¿cose sensibili¿.
Scelti con sguardo cinematografico da Marina Cicogna, colpita da tanta bellezza e verità antiche, i dettagli dei capitelli di Palazzo Ducale a Venezia si animano e ci proiettano in storie remote e affascinanti. Lo stesso effetto producono sui tanti personaggi famosi che ci raccontano le loro emozioni davanti a questi veri e propri prodigi di scultura, da Valentino a Vanessa Redgrave, da Valeria Golino a Liliana Cavani, da Marina Abramovi¿ a Jeremy Irons, per citarne solo alcuni. Il critico d'arte inglese John Ruskin li descriveva come "un corso di storia sacra e naturale" nel suo "The stones of Venice" del 1851, e proprio perché "potevano essere letti come le pagine di un libro da coloro (i più nobili di Venezia) che abitualmente passeggiavano all'ombra delle arcate", i capitelli marciani ci portano indietro nel tempo, tra colture dei campi e pratiche artigianali, cesti di frutta e animali, putti e scene d'amore, rapporti coniugali e gruppi di famiglia, cosmologia e case astrologiche. Realizzati da anonimi straordinari maestri, ci mostrano un passato lontano, che appare tuttavia vivace, avvincente, tridimensionale, minuziosamente descritto e a noi vicinissimo. Fotografie dell¿archivio Cameraphoto Arte scelte da Marina Cicogna e scatti da lei stessa realizzati ci raccontano queste opere a una a una e a distanza ravvicinata, quasi come i frame di una sequenza filmica, nel volume concepito con la direzione artistico-creativa di Alessandro Michele e prodotto in collaborazione da Gucci e Marsilio. Questo libro ci mostra l'inestricabile rapporto che lega l'arte alla vita. Con testi di: Marina Abramovic, Urbano Barberini, Liliana Cavani, Saverio Costanzo, Paolo Di Paolo, Valeria Golino, Andrea Griminelli, Ginevra Elkann, Rupert Everett, Pierfrancesco Favino, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, Diane von Fürstenberg, Salma Hayek, Jeremy Irons, Marie Christine Princess Michael of Kent, Alessandro Michele, Dacia Maraini, Paolo Mereghetti, Franco Nero, Martin Parr, Pier Luigi Pizzi, Vanessa Redgrave, Giuseppe Tornatore, Valentino, Ornella Vanoni, Lina Wertmüller.
Questo volume racconta, per mano di giornalisti e protagonisti, come il menswear sia cambiato negli ultimi quarant'anni, non solo nelle silhouette, ma anche nel modo di presentarsi in passerella e persino di rappresentarsi nei musei. A partire dagli anni Ottanta la moda maschile attua una mutazione fondamentale: agli uomini viene riconosciuto lo stesso diritto delle donne al piacere dell'aspetto e dell'ornamento. È finita l'epoca in cui la moglie sceglieva l'abbigliamento del marito. La moda riservata agli uomini, riunita nei saloni dedicati ai professionisti, presentata in occasione delle settimane della moda, distribuita in negozi specializzati, riceve la consacrazione ufficiale e il riconoscimento della sua creatività. Dal 1972 Pitti Uomo è il protagonista per eccellenza di queste evoluzioni: prestando attenzione alle minime variazioni come ai grandi rivolgimenti, il salone oggi più influente ha accolto e tuttora accoglie il meglio della creazione. "Romanzo breve di moda maschile" illustra questo entusiasmante cammino della moda maschile attraverso abiti dei più grandi stilisti e designer internazionali (da Armani a Fred Perry, da Church's a Marni, da Aspesi a Brunello Cuccinelli), dipinti della Galleria d'arte moderna e costumi storici.
Thomas Houseago, in collaborazione con Muna El Fituri e Caroline Bourgeois, cura Untitled, 2020 scegliendo opere di oltre sessanta artisti, provenienti dalla Pinault Collection e da musei internazionali e collezioni private, con citazioni, ispirazioni e riferimenti tra lavori che spaziano dal Novecento ad oggi, proposte secondo un dialogo basato su connessioni emozionali, sensoriali, visive e tattili. Spaziando tra diversi media, dalla scultura al video, dalla pittura alla fotografia, le opere sono organizzate attorno alla ricostruzione dello studio californiano di Houseago. L¿artista mette inoltre a disposizione dei visitatori la sua biblioteca e le sue fonti d¿ispirazione. Tra gli artisti in catalogo Marlene Dumas, Robert Colescott, Saul Fletcher, Llyn Foulkes, Deana Lawson, Paul McCarthy, Arthur Jafa, Joan Jonas, Edward Kienholz, Barbara Kruger, Senga Nengudi, Gilberto Zorio.
In occasione delle celebrazioni per il 70esimo anno dalla Fondazione dello Stato di Israele, l¿artista Beverly Barkat (1966) presenta un¿opera site-specific che prende spunto dalla storia delle dodici tribù ebraiche dell¿antico testamento. ¿After the tribes¿ è un¿imponente torre metallica di quattro metri, scandita in dodici riquadri che rappresentano le dodici tribù d¿Israele da cui discende il popolo ebraico. Ognuna delle dodici tribù si distingueva per una specifica trama cromatica, riproposta sugli stendardi e sulle pietre preziose che decoravano i pettorali dei Sacerdoti. Questi stessi colori sono stati ripresi dall¿artista attraverso un complesso percorso di ricerca, raccolta, catalogazione e riutilizzo di materiali della propria terra. Conchiglie, pietre stratificate o semi-preziose, sabbia, roccia e argilla provenienti dalle caverne, dal deserto, dal mare e dalle montagne di Israele diventano i colori essenziali e concettuali dell¿installazione di Barkat. I dodici dipinti circolari si offrono allo sguardo del visitatore su entrambi i lati. Il lato ruvido e materico è quello su cui ha lavorato direttamente l¿artista, l¿altro si scorge dalla trasparenza stessa del supporto in pvc che ne mostra gli strati di colore, i segni e la loro reale consistenza sotto una pellicola liscia e lucida. Riferimenti materici, cartografici, cabalistici e simbolici trasformano ¿After the tribes¿ in un viaggio che ci conduce attraverso una storia millenaria, per ritornare al contemporaneo, riflettendo sulle origini dei popoli e oltrepassando ogni contingenza politica.
Il fiammingo Luc Tuymans (Mortsel, 1958) è considerato uno dei più influenti pittori contemporanei e il punto di partenza del revival della pittura negli anni novanta. Tranquillo, sobrio, ma talvolta inquietante, il suo lavoro oscilla tra la storia e la sua rappresentazione e soggetti tratti dalla vita di tutti i giorni, raccontati sotto una luce diversa. Ripresi da iconografie esistenti, sembrano spesso sfuocati o poco colorati, come astrazioni in 3D della realtà. Mentre i primi lavori si basavano su fotografie di riviste, disegni, filmati televisivi e Polaroid, i più recenti includono materiale scaricato on-line, e immagini scattate con l¿iPhone, stampate e talvolta rifotografate molte volte. Il catalogo di questa mostra (Venezia, Palazzo Grassi, 24 marzo 2019 - 6 gennaio 2020), la più grande monografica su Tuymans mai organizzata in Italia, con oltre 80 opere illustrate, è stato concepito in stretta collaborazione con l¿artista e si intitola "La Pelle" ¿ dal titolo del libro di Curzio Malaparte pubblicato nel 1943, che dà il nome anche a una delle tele dell¿artista.
L¿interesse di Jacopo Tintoretto (1519-1594) per l¿architettura affonda le sue radici negli anni della formazione, in quel vitalissimo periodo nel quale la scena pittorica veneziana si rinnova sotto l¿urgenza di stimoli manieristici dovuti al soggiorno in laguna di artisti e letterati centroitaliani. Lo scopo del volume, edito in occasione del Cinquecentenario Tintorettiano del 2018-2019 e promosso dalla Scuola Grande di San Rocco, è quello di delineare alcuni dei filoni storiografici più promettenti: il rapporto tra lo spazio dipinto nei quadri di Tintoretto e lo spazio fisico reale; il ruolo dell¿architettura come elemento disciplinante della composizione e in riferimento alla dimensione narrativa della storia; l¿originario rapporto tra il dipinto e lo spettatore nei diversi contesti in cui esso era collocato (spazi ecclesiastici, confraternali, pubblici). La pluralità di voci e il dialogo tra le diverse discipline sono stati condizione necessaria per una indagine sistematica su un tema che è costituzionalmente interdisciplinare e sul quale, infatti, si sono confrontati storici dell¿architettura, storici dell¿arte ed esperti di storia della rappresentazione. Prefazioni di Howard Burns e Vittoria Romani.
Il catalogo celebra i sessant'anni dalla scomparsa di Osvaldo Licini (1894-1958): proprio nel 1958, anno della sua morte, l'artista vinse il gran premio internazionale per la pittura alla XXIX Biennale di Venezia dove aveva presentato 53 opere - eseguite tra il 1925 ed il 1958 - in una sala personale allestita da Carlo Scarpa. Un riconoscimento, sia pur tardivo, che lo restituisce alla storia dell'arte del nostro Novecento nella sua pienezza e oggi, tramite l'esposizione veneziana, al grande pubblico. Con oltre 80 opere, il catalogo della mostra alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia porta in scena quella pittura che per Licini era l'arte dei colori e dei segni, dove questi ultimi esprimevano la forza, la volontà, l'idea e la magia. Tra i protagonisti dell'avanguardia milanese legata alla galleria Il Milione, dopo un breve avvicinamento alla poetica futurista, dal 1940 passò gradualmente a una visione surreale popolata da insolite figure solitarie. Sue opere si trovano nelle gallerie d'arte moderna di Roma, Milano, Torino, Parigi, Mosca e in collezioni private italiane e straniere.
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