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Bøker i Classici della Letteratura Italiana-serien

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  • av Giovanni Faldella
    298,-

    Come sappiamo dal romanzo di Tota Nerina, la paesanotta Gilda rimestava con il tridente il letamaio, quando il giovane prof. Adriano Meraldi ritornò vittorioso del concorso di Pompei a San Gerolamo Canavese. Essa era figliuola unica di Simone il falegname, curvo come un quarto di luna, senza essere molto gobbo, imperocché la curva riguardava piuttosto la testa che la schiena. Simone era un vecchio semplice con i capelli bianchi pallidi che in gioventù erano stati biondi lucenti. Pareva un San Giuseppe ricamato. Era buono, sottomesso a tutti. Avrebbe voluto che il Sindaco e il Parroco, Vittorio Emanuele II e Pio IX fossero sempre stati in concordia, come pane e cacio.

  • av Francesco Regnani
    379,-

    Abbiamo annunciato fin dal principio di questa Seconda Parte (6.), che la presente Sezione à per oggetto lo studio di quegli agenti fisici, i quali, qualunque intensità acquistino, non mostrano mai peso di sorta, e però ànno ricevuto il nome generico di imponderabili. Abbiamo anche ivi accennato, che uno di questi illumina e si denomina luce, l'altro riscalda ed è chiamato calorico, il terzo attrae e respinge e vien detto elettricità. È chiaro dunque che questa Sezione dovrà essere ripartita in tre distinti Capi. Noi tratteremo della luce nel primo, dell'elettricità nel secondo, e nel terzo del calorico.

  • av Gabriele D'Annunzio
    298,-

    Candide cime, grandi nel cielo forme solenni cui le nubi notturne stanno sommesse come la gregge al pastore, ed i Vegli inclinati su l'urne profonde dànno eterne parole, e fanno corona le stelle taciturne;

  • av Luciano Zuccoli
    298,-

    Già il titolo del volume spiega che di ciascuna delle novelle qui raccolte è protagonista una donna o una fanciulla, dell'aristocrazia, della borghesia ricca, delle classi medie, del popolo. Ma non dice, il titolo, che il libro è molto indulgente, e devo dirlo io. Quando non sian buone e ingenue, queste mie donne, sono colpevoli per colpa degli altri, come avvien quasi sempre nella vita; perchè io credo che la responsabilità della donna si sia esagerata sempre, e in questi ultimi tempi sia stata portata alle stelle da alcuni scrittori, i quali voglion vedere nella donna La Nemica, per antonomasia, con iniziali maiuscole.

  • av Giuseppe Giusti
    405,-

    Caro signor Giannini. Nell'ottobre passato ebbi una lettera del Manzoni, e una del Grossi: della marchesa d'Azeglio non ho mai avuto lettere da Milano. Non sarebbe la prima che perdo per avere comune il nome e il cognome con molti. Io, quando m'accorgo che non vengono a me, le rimetto nella Posta; gli altri al vedere non fanno così. Ultimamente me ne capitò una tenerissima, scritta da una donna di Livorno a un altro Giuseppe Giusti; e sebbene la riportassi al covo secondo il mio solito, chi sa quanto avranno bestemmiato il compare quei poveri amanti, vedendosi scoperti così a caso. Io non carteggio mai con donne quando tra me e loro vi è qualcosa di più che una semplice amicizia;

  • av Domenico Scina
    298,-

    Le forze di che abbiamo ragionato sono quelle che esercitano un¿azione istantanea, e generando una velocità finita, producono un moto uniforme: noi abbiamo ricavato le leggi, a norma delle quali operano, dal fenomeno il più frequente e volgare dell¿urto de¿ corpi. Spingendo ora più oltre le nostre ricerche, prenderemo ad esaminare un¿altra maniera di forze: quelle cioè la cui azione è continua, che generano una velocità infinitamente piccola e producono un moto vario (T. I, num. 27). Ed è nostro intendimento di raccogliere le leggi secondo cui operano queste forze, che diconsi continue, dal fenomeno tanto comune e volgare della caduta dei corpi vicino alla superficie della terra, che trae...

  • av Domenico Scina
    379,-

    Fu scoverto dal Volta sin dal 1792, che avvi, oltre allo strofinio, un altro modo e pronto e durevole ed efficace di eccitare l¿elettricità, ch¿è quello appunto del contatto di metalli diversi, o in generale di due corpi eterogenei. Ma questa scoverta, che segna un¿epoca novella nella Fisica, ebbe ad occasione e principio alcune esperienze del Galvani sulle ranocchie e sopra altri animali. È da riguardarsi a principale, e come quella che servir può a comprendere tutte le altre l¿esperienza che qui si soggiunge.

  • av Francesco Regnani
    379,-

    Oggetto della Fisica sperimentale. Alla descrizione di tutta l'immensa fabbrica dell'Universo, e delle varie parti, onde risulta; alla esposizione dei grandi fenomeni celesti, meteorici, e terrestri, dei quali ognuno brama saper le cagioni; alla enumerazione e classificazione degli esseri diversissimi, che formano, rivestono, od abitano il nostro globo; dee tener dietro uno studio assai più profondo ed è quello dei corpi in sè medesimi; ossia della materia, da cui sono costituiti questi esseri, i quali appartengono a regni e famiglie tanto differenti; e delle sue forze, le quali sono la cagione di quei sorprendenti fenomeni, e si congiungono insieme e si intrecciano in bell'armonia a pro...

  • av Niccolò Bacigalupo
    298,-

    Appenna han visto Enea tiâ sciû ö mandillo Sciûsciase ö naso e mettise a scraccâ, Tutti han çercôu dove pösâ ö bacillo, Pe sentilo ciû comodi a parlâ. Quando l'é stæto ognûn quieto e tranquillo Che se pûeiva sentî ûnna mosca sghæuâ, Enea, dall'äto dö so caregon Ö commensa, c'ûn pö de commozion:

  • av Salvatore Farina
    298,-

    Due Amori

  • av Roberto Sacchetti
    379,-

    Era una famiglia incorreggibilmente discorde, discorde in tutto perfino nel cognome: il padre e il primogenito si firmavano Della Torre con aristocratica pretesa alla discendenza degli antichi rivali dei Visconti; gli altri due figli Martino e Guido si chiamavano semplicemente Torre, alla borghese, come l'avolo, il bisavolo e tutti i loro ascendenti noti; e la signorina Beatrice, attempatuccia, avrebbe volentieri cambiato i due cognomi con qualunque altro. Il vicinato, ch'essi rallegravano cogli scandali dei loro diverbi, li chiamava cani e gatti.

  • av Emilio De Marchi
    298,-

    OLTRE la porta e un corridoio lungo, stretto, montante e ammattonato si riusciva in un cortile lastricato a pietre ineguali, largo due volte e mezzo il fazzoletto disteso del mio rettore di seminario, dove, già da due mesi, aveva lasciata la soprana per venire a Milano in cerca d¿un impiego comechessia. Al di là del cortile, che diremo nobile, segue un androne quasi buio, sotto il quale si inerpica la scaletta, e più in là ancora un altro cortile rustico, ripostiglio delle tinozze, delle scale, dei pennelli e delle scope del signor Pietro Manganelli, imbiancatore, che mette in opera anche campanelli. Cinque o sei mani nere, dipinte sul muro a breve distanza l¿una dall¿altra....

  • av Francesco Regnani
    379,-

    Oggetto e rilevanza della Fisica. - La prima cosa che abbia attratto a sè gli sguardi meditativi e l'attenzione dei dotti, e della quale innanzi ad ogni altra si sia cercato di acquistare scienza, è stato certamente il Mondo materiale. Non intendo dire con ciò, che le prime cognizioni dell'uomo riguardassero la scienza della Natura sensibile. Poichè non ignoro che l'uomo conobbe, fin dal suo primo apparire sulla Terra, le cose più necessarie a sapersi; quali sono la sua origine, la sua destinazione, le sue obbligazioni verso Dio, verso sè, e verso gli altri; come pure ebbe notizia di certe proprietà della materia, e della costanza dei fenomeni, e dei modi onde procurarsi le cose più nece...

  • av Cennino Cennini
    298,-

    Nel principio che Iddio onnipotente creò il cielo e la terra, sopra tutti animali e alimenti creò l'uomo e la donna alla sua propia immagine, dotandoli di tutte virtù. Poi, per lo inconveniente che per invidia venne da Lucifero ad Adam, che con sua malizia e segacità lo ingannò di peccato contro al comandamento di Dio, cioè Eva, e poi Eva Adam; onde per questo Iddio si crucciò inverso d'Adam, e sì li fe' dall'angelo cacciare, lui e la sua compagna, fuor del Paradiso, dicendo loro: perché disubbidito avete el comandamento il quale Iddio vi dètte, per vostre fatiche ed esercizii vostra vita traporterete.

  • av Pietro Metastasio
    298,-

    Ezio, capitano dell¿armi imperiali sotto Valentiniano terzo, ritornando dalla celebre vittoria de¿ Campi catalaunici, dove fugò Attila re degli Unni, fu accusato ingiustamente d¿infedeltà all¿imperatore, e dal medesimo condannato a morire. Massimo, patrizio romano, offeso già da Valentiniano per avergli tentata l¿onestà della consorte, procurò l¿aiuto d¿Ezio per uccidere l¿odiato imperatore; ma, non riuscendogli, fece crederlo reo, e ne sollecitò la morte, per sollevar poi, come fece, il popolo, che lo amava, contro Valentiniano. Tutto ciò è istorico: il resto è verisimile...

  • av Giovanni Cena
    298,-

    Nacqui a Gàssino, nella valle del Po. Non ho conosciuto mia madre. Mio padre era fornaciaio: colle gambe nude nella fossa, tagliava la creta gialla, l'impastava, la metteva nella forma da mattoni: e s'allineavano innumerevoli i mattoni sull'aia levigata, parevano grandi pani, inzuccherati di sabbia fina. Pane invece non ne guadagnava molto: ma i suoi ottanta centesimi giornalieri procuravano a lui e a me polenta il mezzogiorno e minestra la sera. L'inverno non si lavorava; quando i primi geli ci avevano coperte le mani di crepacci, cessavamo: ci riparavamo allora nella stalla d'un vicino che aveva bestiame, e quando non nevicava, andavamo a far legna nei boschi dei signori...

  • av Luigi Capuana
    298,-

    «Come andiamo, nonno?» «Come vuole Dio, signor dottore». «Intendo dire di quei dolori alla schiena...» «Vengono, vanno via, tornano. Io li lascio fare. Ho quattro ventine e sette anni su le spalle. Ne avrò per poco, signor dottore». «Voi siete più giovanotto dei vostri nipoti. Uomini come voi non se ne fabbricano più al giorno d'oggi». Il dottor Liardo aveva fermato avanti a la porta del Lamanna la bell'asina ferrante su cui andava attorno per le visite ai suoi malati. Il vecchio era seduto là, e intrecciava, con sottili strisce di canna e vimini, un paniere;

  • av Massimo D'azeglio
    298,-

    Ettore Fieramosca e la disfida di Barletta

  • av Giovanni Verga
    298,-

    Verso le quattro di una fra le ultime notti del carnevale, la marchesa Alberti, seduta dinanzi allo specchio, e alquanto pallida, stava guardandosi con occhi stanchi e distratti, mentre la cameriera le acconciava i capelli per la notte. «Che rumore è cotesto?» domandò dopo un lungo silenzio. «La carrozza del signor marchese.» «Cosí presto!» mormorò essa soffocando uno sbadiglio. La cameriera era per chiudere l'uscio del salottino che metteva nelle stanze del marchese, allorché entrò bruscamente un uomo in abito da maschera, col passo malfermo, e il riso scuro. «Cecilia dorme?» domandò senza fermarsi. «L'ho lasciata or ora, signor marchese» rispose la cameriera mal dissimulando la so...

  • av Balzac Honore De
    298,-

    In alcune città di provincia si trovano case la cui vista ispira una malinconia simile a quella dei chiostri piú tetri, delle lande piú desolate, delle rovine piú tristi: in queste case forse si trovano riuniti e il silenzio del chiostro, e l¿aridità delle lande, e le rovine. Vita e movimento vi sono cosí tranquilli che un forestiero le riterrebbe inabitate, se d¿un tratto non incontrasse lo sguardo smorto e freddo di una persona immobile, la cui figura, mezzo monastica, sporge dal parapetto della finestra al rumore di un passo insolito. Tale malinconia esiste anche in una casa di Saumur, in cima alla via montagnosa che mena al castello per la parte alta della città. Questa curiosa strada...

  • av Ada Negri
    298,-

    Chiama chiamäed alcun non le risponde¿ la Donna prigioniera nella Trappa: dello spiraglio ai ferri ella s'aggrappa, livida tra le sparse ciocche bionde: notte e giorno, alba e vespro, estate e inverno, chiama ed attende, chiama e spera, chiama e piange:¿taglia l'aria come lama lo stridor vano del singhiozzo eterno. «Sorella Anna, tu che insonne vegli sulla torre più alta, e conti gli astri e le nuvole in cielo, e i vïolastri veli dell'alba cingi a' tuoi capegli:

  • av Baldassare Castiglione
    298,-

    Il libro del Cortigiano

  • av Platone
    298,-

    CRITONE.I.Chi era, Socrate, quello col quale tu discorrevi jeri nel Liceo? E' c'era pur una gran folla intorno a voi, sicchè io, che avrei voluto sentire, non potetti avvicinarmi tanto che mi riuscisse d'intender nulla. Però, mi alzai sulla punta de' piedi, e gli guardai in viso, ed e' mi parve un forestiero quello col quale tu discorrevi. Chi era egli?SOCRATE.Ma di chi tu dimandi? Giacchè ce n'era due, non uno...

  • av Niccolò Tommaseo
    298,-

    Vi racconterò un bell¿esempio di generosità e di vero amore ai parenti; e raccontando, ora e poi molte volte, adoprerò le stesse parole della Scrittura santa: che nè io nè uomo nessuno potrebbe trovarne di più preziose. Abramo con Lot, figliuolo del suo fratello si erano dipartiti dalla terra d¿Ur ne¿ Caldei, dove i loro vecchi erano vissuti; e andarono cercando altro luogo in cui dimorare, lo andarono cercando per ispirazione di Dio, il quale disse ad Abramo così: «Esci dalla tua patria, e vieni nel paese che ti sarà mostrato da me; e farò nascere di te una nazione grande; e sarai benedetto, e tutte le generazioni umane ne saranno in te benedette».

  • av Domenico Comparetti
    298,-

    La grande massa di canti che da secoli si vennero producendo e propagando oralmente fino ai dì nostri presso il popolo finno è assai varia per iscopo e per soggetto, ma nella forma è una; a quella maggior maturità in cui si distinguono con caratteri speciali vari generi di poesia e si creano per ciascuno forme e leggi proprie, non arrivò la musa popolare dei Finni. Solo con riguardo al contenuto e allo scopo di ciascun canto il dotto può ordinare tutti questi canti secondo le categorie della vecchia teoria letteraria, distinguendo canti epici, canti magici, canti epico-lirici, canti lirici ecc., e può anche distinguere in questa corrente di poesia tradizionale ciò che è più ciò che è meno...

  • av John GOETHE Mackay
    298,-

    Se l'artista ha per difendersi l'opera stessa da lui creata, il pensatore ¿ obbligato com'è a scomparire dietro i resultati delle sue investigazioni ¿ deve vedersi autorizzato a dire le ragioni che gli hanno fatto prendere la parola. La natura stessa di questo lavoro mi obbliga ad aggiungervi qualche riga preliminare. Una cosa, prima di tutto: colui che, non conoscendomi, si attende delle rivelazioni sensazionali del genere delle turpitudini che alcuni speculatori sfacciati, fidenti sulla compiacente credulità, servono ad un pubblico facilmente incline ad attingervi tutte le sue nozioni sul movimento anarchico...

  • av Guglielmo Ferrero
    298,-

    [44 a. c. 15 marzo] Ma i congiurati, i principali personaggi di Roma ed Antonio non tardarono a riaversi dallo stupore, in cui li aveva gettati l¿improvviso assassinio di Cesare. Necessitati, durante la congiura, a passarsi le ambasciate furtivamente, trepidando, in conciliaboli circospetti di tre o quattro, gli uccisori non avevano potuto affiatarsi bene; si erano intesi sul modo di ammazzar Cesare, ma eran rimasti nel vago su quello che farebbero poi, senza altro proposito ben definito che di proporre subito al Senato la restaurazione della repubblica. Perciò, fallito inopinatamente questo disegno, essi si trovavano ora soli sul Campidoglio deserto; snervati da quella stanchezza che seg...

  • av Erasmus Darwin
    298,-

    Scendete aerei cori, e voi scendete Silfi lievealeggianti, e con le molli Dita vezzose risvegliar vi piaccia L'armonia chiusa ne l'argentea lira: Voi col magico piè stampate, o Gnomi, Vostri cerchi sull'erba, e de le fila Commosse il soavissimo tintinno Concordi a' vostri passi, intanto ch'io A l'umil suon di facile zampogna In dolci modi la ridente canto

  • av Michele Lessona
    298,-

    Forse fra meno di un secolo bisognerà andare a cercare i resti della vecchia Turchia in fondo alle più lontane province dell'Asia Minore, come si va a cercare quelli della vecchia Spagna nei villaggi più remoti dell'Andalusia. Così dice Edmondo De Amicis, e dice che allora a Costantinopoli non vi saranno più i cani, che oggi ne costituiscono una seconda popolazione. Io consiglio il mio lettore ad aprire subito il primo volume su Costantinopoli del De Amicis, a pagina 153, e rileggere il capitolo sui cani. Non c'è esagerazione. Lo Hackländer, che non è poeta, prima di parlare dei cani di Costantinopoli avverte che l'uomo, leggendo la descrizione di una data...

  • av Gerolamo Rovetta
    298,-

    Francesco Alamanni conservava ancora nella sua maschia natura di cospiratore e di soldato le idealità e i poetici entusiasmi dei vecchi romantici del quarantotto. Buono come chi è veramente forte, indulgente come chi è profondamente onesto, era ottimista fino a parere ingenuo. Per le molteplici vicende della sua vita avventurosa, trascorsa fra le cospirazioni, il carcere, l'esilio e le battaglie, non avea avuto tempo nè agio per imparare a conoscer uomini, specialmente gli uomini moderni, e per acquistare la pratica, la vera pratica, delle cose.

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